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pubblicato su “Io Donna”, 19 febbraio 2011
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testo di
Alberto Amoretti [br] [br]
Il primo punto del regolamento aziendale recita: «È obbligatorio un abbigliamento sexy». È l’una di notte a Bucarest quando Eliza e le sue colleghe iniziano a lavorare. Alcune entrano nel loro ufficio in un anonimo appartamento nel cuore della città, tirano fuori dalla borsa gli strumenti del mestiere e cambiano le lenzuola. Quelle che vivono qui – in questo appartamento/studio – accendono semplicemente il computer e puntano la luce sul letto in modo da essere ben illuminate. [br]
I clienti vogliono vedere bene. «Gli italiani? Tirchi. I rumeni? Pagano con carte clonate. Con gli americani si fanno i soldi, ma quello che chiedono a volte fa paura». E lo chiedono dal posto di lavoro dove, tra un foglio di calcolo e la home del Financial Times, tengono aperta sullo schermo del PC una finestra con le sensuali promesse di una ragazza rumena. [br]
Madri, neo-laureate, ragazzine appena uscite dalle superiori, donne con dei progetti e altre che mettono da parte soldi per un futuro che non hanno ancora dipinto. È un vero e proprio mestiere – non un modo per arrotondare – ma precisano che… «Non siamo puttane».
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